martedì 29 settembre 2009

Pierluigi Battista e il peso della stupidità

Dice che non si dovrebbe discutere con un cretino (la gente potrebbe non notare la differenza). Ma a volte la tentazione è irresistibile: il pezzo di Pierluigi Battista sul Corriere di ieri è un'esplosione di intelligenza di tale geometrica potenza, che non ho potuto fare a meno di condividerla con qualcuno.

Come tutti sanno, i grandi geni della letteratura mondiale sono sempre stati ingiustamente vessati e incredibilmente negletti da legioni di funzionari (grigi e oscuri) delle case editrici, ciechi di fronte alla luce sfolgorante dell'Arte e stupidamente dediti alla censura di ogni originalità. Questo, appunto, lo sanno tutti e sono passati decenni da quando Eco scrisse una famosa serie di parodie di rifiuti editoriali raccolte nel Diario minimo - vale a dire che la cosa è così ovvia e stantia che la sua stessa parodia (anzi, meta-parodia) è datata e risaputa. Ma a Pierluigi Battista sembra tutto molto fresco e interessante:
Si consiglia vivamente la lettura del «Gran rifiuto» di Mario Baudino per chi si ostina a decrittare le vicende umane come il frutto di disegni oscuri e trame inconfessabili, sottovalutando il peso dell' insipienza, della superficialità, della pura e semplice stupidità nella linea di condotta di chi deve scegliere seccamente tra un «sì» o un «no».
Ora, tutti, ma proprio tutti quelli che scrivono e non vengono pubblicati (e, nonostante le 500.000 novità all'anno in Italia, il loro numero è legione) hanno una teoria sulle ragioni di tale ingiustificabile ingiustizia.

La teoria principe, più comune, è quella cospirativa, secondo cui la casa editrice, pur non potendo negare l'assoluta rilevanza culturale e artistica dell'opera proposta, è impossibilitata a dare seguito in modo appropriato al riconoscimento del genio a causa di un complotto oscuro e terribile (poteri forti, mafie culturali, sodalizi giudaico-massonici ecc ecc).

La seconda, grande teoria, appena meno comune, è appunto quella sposata da Battista: è inutile cercare tanto lontano, il fatto è che gli editoriali sono scemi.
Nella galleria degli stupefacenti errori editoriali stilata da Baudino non colpiscono tanto le censure politiche (la «Fattoria degli animali» di Orwell) o dettate dal bigottismo moralista (dalla Lady Chatterley di Lawrence al «Lamento di Portnoy» di Philip Roth), ma quelle ispirate alla pura cecità, così imperiosa e autolesionista da cancellare persino la percezione dei propri interessi.
Segue lungo elenco di esempi di ciechi, insipienti, superficiali e puri e semplici stupidi che si sono permessi di rifiutare cose che Battista (lui sì intelligente, colto e capace di distinguere il valore letterario) avrebbe invece, naturalmente, accolto a braccia aperte:
Mandando indietro l' «Ulisse» di Joyce per la Hogarth Press, Virginia Woolf si disse «irritata da questo liceale a disagio che si gratta i foruncoli». [...] Italo Calvino, ha raccontato Cesare Cases, liquidò così «La milleduesima notte» di Joseph Roth per Einaudi: «non è roba per noi». [...] E quando Garzanti visionò il manoscritto de «L' insostenibile leggerezza dell' essere» di Milan Kundera, il verdetto fu tagliente come una mannaia: «Non voglio dei minori, e per giunta cecoslovacchi».
Mi sembra che i casi siano due:

1. Calvino, Garzanti e Woolf sono dei cretini, i libri buoni si distinguono dai libri meno buoni come un porcino da un ovolo malefico, Pierluigi Battista dovrebbe fare il direttore editoriale di Rcs, invece che il giornalista al Corriere.

2. Calvino, Garzanti e Woolf sono l'esempio lampante del fatto che scegliere i libri per una casa editrice è un affare molto diverso da scegliere il porcino più grosso da friggere. I libri buoni sono evidenti ex-post, molto meno ex-ante - se non fosse così ci sarebbe una sola casa editrice al mondo che fa tutti e solo i bei libri. E Pierluigi Battista sta benissimo dove sta, a fare il lavoro che fa.

Anzi forse starebbe meglio nel bosco a raccogliere funghi porcini invece di ovoli malefici - posto che ne sia capace.

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